Marcus Prometheus

Monday, September 26, 2011

POLITICA DEMOGRAFICA E AMBIENTE
DICHIARAZIONE INTERNAZIONALE CONGIUNTA

1) Le organizzazioni firmatarie dichiarano di riconoscere la realtà di quanto segue:
a. La popolazione mondiale, che cresce di 80 milioni l'anno (10.000 ogni ora), secondo le previsioni, crescerà fino a 9,3 miliardi (previsione media ONU) entro il 2050. i 2,3 miliardi , che si aggiungeranno, soprattutto nei paesi con basse emissioni di carbonio , equivalgono. quanto a emissioni, a due Stati Uniti in più. Le proiezioni dell'ONU per il 2050 oscillano tra 8,1 miliardi e 10,6 miliardi e cioè con una incertezza di 2,5 miliardi, equivalenti alla popolazione mondiale nel 1950.
b. La passata crescita della popolazione, da un miliardo nel 1800 ai sette miliardi attuali, unitamente alla crescita dei consumi pro capite, ha già avuto le seguenti conseguenze: cambiamento climatico, crescente inquinamento, innalzamento del livello dei mari e espansione dei deserti;.
c. Questa crescita è stata in larga parte "finanziata" da un intenso sfruttamento del capitale naturale (risorse come i combustibili fossili, i minerali, le falde acquifere, la fertilità dei suoli, le foreste, le zone di pesca e la biodiversità) anziché attraverso l'utilizzo della rendita naturale sostenibile. La disponibilità globale di cibo dipende pesantemente dall'abbondanza, a costi contenuti, di petrolio e d'acqua, mentre entrambi stanno rapidamente divenendo più scarsi e costosi.
d. La capacità della Terra è fisicamente finita. La sostenibilità globale richiede un'economia sostenibile che operi entro il limiti ecologici della rendita naturale.
e. Ogni persona in più accresce l'impatto totale dell'uomo sull'ambiente e riduce le risorse naturali pro capite disponibili; pertanto tutti i problemi dell'ambiente (e molti altri problemi economici e sociali) sono più facilmente risolubili se la popolazione si riduce e divengono più difficili (e alla fine impossibili) da affrontare con una popolazione in crescita.
f. Il degrado ambientale, ivi compresi i cambiamenti climatici e il declino delle risorse naturali, sta costantemente riducendo il numero di persone che la Terra può sostenere indefinitamente.
g. L'industrializzazione, l'urbanizzazione e i modelli di consumo occidentali, tutti ad alto tasso di utilizzo delle risorse naturali, stanno ulteriormente riducendo la capacità di carico massima della Terra.
h. Il tasso di crescita del prodotto interno lordo pro capite (tasso di "sviluppo") consiste nel tasso di crescita del PIL meno il tasso di crescita della popolazione e viene ancor più compromesso, nei paesi più poveri, da alti tassi di natalità, unendo all'esaurimento delle risorse un crescente danno ambientale.
i. Poiché una crescita illimitata della popolazione è fisicamente impossibile, essa, ad un certo punto, si dovrà interrompere: o prima, attraverso una riduzione delle nascite ottenuta con la contraccezione e una pro-attiva politica demografica umana, o dopo, con un aumento della mortalità provocato da carestie, malattie, guerre, collassi ambientali o da una combinazione di questi.
j. La popolazione ottimale (nel senso della miglior qualità della vita per tutti) è certamente molto minore de quella massima (nel senso di una mera sopravvivenza)
CONCLUSIONE
L'attuale crescita della popolazione è ad un tempo indesiderabile e insostenibile.

2) Noi raccomandiamo che le Nazioni Unite e le organizzazioni intergovernative, i governi e gli enti non governativi che promuovono l'ambiente e lo sviluppo:
a. Prendano atto e rIconoscano che la presente dichiarazione corrisponde alla realtà dei fatti.
b. Appoggino, finanzino e assicurino la possibilità, per tutti e in tutto il mondo, di accedere alle informazioni e ai servizi di pianificazione familiare, come convenuto alla Conferenza del Cairo del 1994 e al punto 5 dei Millennium Developments Goals per il 2015.
c. Supportino, finanzino o assicurino l'istruzione e l'empowerment delle donne, dando loro il controllo delle propria fertilità.
d. Adottino politiche non coercitive dirette a stabilizzare o ridurre le popolazioni a livelli sostenibili, anche affrontando il problema della popolazione anziana.
e. Provvedano con fermezza, specialmente nelle aree ove i consumi sono più elevati, a promuovere la riduzione dello sfruttamento pro capite delle risorse e del degrado ambientale.


Marx e il suo odio antisemita
analisi di Ugo Volli

Testata:Moked

Titolo: «Marx e il suo odio antiebraico»



Ho scoperto con qualche meraviglia su questo sito che c’è ancora chi loda Marx come saggio interprete dell’ebraismo, o magari come suo diffusore, per aver distinto nella sua operetta giovanile destinata al nostro popolo fra “ebrei mondani” e “ebrei di Shabbat”. Penso che la cosa meriti un approfondimento, perché si tratta di un pregiudizio pericoloso, che ha travolto generazioni di ebrei e migliaia di comunità.
Dal punto di vista quantitativo, proprio a partire da questo testo di Marx e da prodotti analoghi, il comunismo è stato per il mondo ebraico orientale un male di dimensioni analoghe a quello del nazismo. Sul piano morale si può discutere, ma sarebbe opportuno farlo dopo aver letto almeno qualche testimonianza, come “Vita e destino” di Grossman. Comunque ritengo che più che una riflessione in questo caso sia necessaria una rilettura un po’ più ampia, e mi permetto di sottoporre ai lettori di questo sito una piccola antologia dei ragionamenti che Karl Marx fa intorno agli ebrei e all’ebraismo. Trattandosi di antisemitismo non solo di superficie, come quando Marx usa ebreo come insulto nella corrispondenza, ma insito nella sostanza stessa del pensiero, questa citazione è particolarmente velenosa e corre il pericolo di offendere giustamente qualcuno. Lo faccio consapevolmente, perché anch’io sono offeso dall’antisemitismo di Marx e ancor di più dalla pratica di sradicamento dell’ebraismo che è stata una costante nel secolo e mezzo abbondante di pratica politica seguita alla “Questione ebraica”, diciamo dalla socialdemocrazia tedesca a Rifondazione Comunista e alla Fiom, passando per Lenin e Stalin. Ecco dunque le righe più rilevanti che seguono la brillante scoperta marxiana che gli “ebrei dello Shabbat” sono diversi da quelli “di tutti i giorni”:
“Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo del Shabbath, come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il segreto dell’ebreo non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo reale. Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l’egoismo. Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene. L’emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo. Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del traffico, dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile l’ebreo. La sua coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore inconsistente nella vitale atmosfera reale della società. (…) Noi riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento attuale antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino al suo presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente dissolversi. L’emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione dell’umanità dal giudaismo.(…) L’ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei.(…) Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica? Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un oggetto della legge divina.(…) Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere. (…) Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il disprezzo della teoria, dell’arte, della storia, dell’uomo come fine a se stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù dell’uomo del denaro. (…) La chimerica nazionalità dell’ebreo è la nazionalità del commerciante, in generale dell’uomo del denaro. La legge, campata in aria, dell’ebreo è soltanto la caricatura religiosa della moralità campata in aria e del diritto in generale, dei riti soltanto formali, dei quali si circonda il mondo dell’egoismo. (…) Il giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di vista teorico svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno pratico è per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti..(…) Poiché l’essenza reale dell’ebreo nella società civile si è universalmente realizzata, mondanizzata, la società civile non poteva convincere l’ebreo della irrealtà della sua essenza religiosa, che è appunto soltanto la concezione ideale del bisogno pratico. Non quindi nel Pentateuco o nel Talmud, ma nella società odierna noi troviamo l’essenza dell’ebreo odierno, non come essere astratto ma come essere supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell’ebreo, ma come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà a sopprimere l’essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti, l’ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non avrà più alcun oggetto, perché la base soggettiva dei giudaismo, il bisogno pratico si umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto dell’esistenza individuale sensibile con l’esistenza dell’uomo come specie. L’emancipazione sociale dell’ebreo è l’emancipazione della società dal giudaismo. (http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1844/2/questioneebraica.htm)
L’idea che il compito della rivoluzione (dell’emancipazione, della modernità) sia “sopprimere il giudaismo”, cioè che il problema ebraico debba avere una “soluzione finale” eliminativa, è comune al marxismo e al nazismo. E’ comune anche una delle motivazioni di fondo, cioè il legame strutturale supposto fra ebraismo e commercio, dunque capitalismo, che Marx fa risalire addirittura a un intrinseco carattere “limitato”, “antisociale” e “sprezzante dell’uomo” della “religione giudaica”. Non si può ovviamente sottovalutare la differenza fra un antagonismo razziale e uno di classe, cioè sociale e culturale, che hanno esiti pratici diversi come l’eliminazione diretta delle persone portatrici della razza o la distruzione politica della classe nemica, per mezzo della fame o di “mezzi amministrativi”. Resta l’obiettivo comune dell’estirpazione dell’ebraismo. Non si può negare il fatto che le idee di Marx e quelle dei numerosi altri antisemiti socialisti, di origini ebraiche o meno, ebbero un influsso enorme ed enormemente distruttivo sulla storia recente del popolo ebraico. Se è possibile e giusto diffidare dalla filosofia di Heidegger, dalle teorie giuridiche di Schmitt, dalla prosa di Celine in quanto strutturalmente compromesse col nazismo, lo stesso bisogna fare per il filone di pensiero marxista.


www.moked.it